I bambini, nei primi mesi di vita, comunicano principalmente attraverso il pianto. Il pianto infatti è la prima forma di comunicazione di un bambino soprattutto nei suoi primi giorni di vita. Il pianto è appunto considerato, in tutto il periodo neonatale, il linguaggio del bambino. Spesso però, nei primi mesi di vita e soprattutto nei giorni successivi alla nascita, il pianto del neonato mette in crisi i neo genitori che non riescono ad interpretare il significato e quindi a rispondere in modo adeguato alle sue richieste. Attraverso il pianto, il piccolo richiama l’attenzione dei genitori per richiedere nutrimento, protezione, aiuto, conforto. Infatti il neonato piange perchè ha fame, per il pannolino sporco, oppure a causa dell’ambiente che magari può essere troppo rumoroso, caldo o freddo, piange quindi se prova disagio, fastidio, e se ha dolore. E’ quindi importante per i neo-genitori imparare ad ascoltare e capire come interpretare il pianto del neonato. Riguardo quest’argomento ci sono stati notevoli studi scientifici e manuali per i genitori su come interpretare il pianto del neonato. Gli esperti dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù riguardo a ciò spiegano come interpretarlo e soprattutto come calmare il neonato. Vediamo insieme cosa suggeriscono!
Innanzitutto consigliano ai neogenitori di attendere alcuni istanti quando il neonato piange, prima di intervenire per cercare di capire le motivazioni (senza magari tamponare subito e far tacere il piccolo non avendo compreso le sue richieste). E’ importante poi conoscere le caratteristiche del pianto, poichè ascoltando ed individuando le varie caratteristiche si possono ricavare tante informazioni riguardo il pianto del neonato. Le caratteristiche del pianto sono: timbro, intensità, durata. Abbiamo poi detto che il neonato piange per richiedere e comunicare con i genitori, quindi ad esempio per individuare:
- il pianto da fame: possiamo notare che all’ inizio è a bassa intensità e poi diventa sempre più forte e ritmico.
- il pianto da dolore: è forte, ed intenso fin dall’inizio e prolungato nel tempo, con a seguire una fase di silenzio e presenza di singhiozzi alternati a brevi inspirazioni.
- il pianto da collera: è simile al pianto da fame ma con una tonalità più bassa e con un’ intensità costante.
E’ consigliabile sempre consultare il pediatra se il piccolo, che di solito è tranquillo, piange forte e a lungo senza riuscire a calmarsi.
A volte, soprattutto all’inizio, non è facile capire come interpretare il pianto del neonato, soprattutto perchè i genitori magari non hanno piena fiducia in sè stessi, considerato che sono alla prima esperienza e quindi non riescono a calmare subito il piccolino. Ma anche gli errori sono importanti in quanto aiutano nell’esperienza ed abituano il bambino a farsi comprendere e capire attraverso il pianto e a comunicare. Almeno è ciò che penso io riguardo anche all’esperienza mia di neo mamma e di mio marito con la nostra primogenita. A volte all’inizio davvero vai a tentativi e man mano con il tempo, comprendi sempre più ciò che il neonato ti chiede: magari non appena piange pensi che abbia fame e provvedi subito, poi invece capisci che magari quella non era una richiesta di fame perchè il piccolo continua a lamentarsi, e allora potrebbe essere semplicemente voglia di contatto e così reagisci in un altro modo… e così via!
Quindi è sempre importante entrare in “comunicazione” con il piccolo…se il pianto non nasce da fame, dolore, fastidio ma semplicemente da richiesta di contatto, di vicinanza da parte dei genitori sarà facile verificarlo e calmarlo facendo sentire la propria presenza. Oltre al contatto fisico, facilitare questo momento anche con la vista e l’ascolto della voce di mamma e papà. Se il pianto è frequente, ma il pediatra ha escluso qualsiasi causa patologica, si può abituare il bambino a calmarsi da solo intervenendo non subito ma dopo un lasso di tempo che va aumentato sempre più giorno dopo giorno , in molti casi è poi stesso il bambino ad imparare ad autoconsolarsi da solo calmandosi.
Quante volte ci dicono che se lo teniamo troppo spesso in braccio quando piange “prender il vizio”? Ecco perch non bisogna ignorare il pianto del neonato